lunedì 9 aprile 2012

Critica


Qualcuno un giorno mi fece pensare che il mio godimento è tale solo perchè finito.
Se ogni singolo momento della mia vita lo passassi a godere, non distinguerei più il godimento dal non-godimento.
La medesima cosa accedrebbe se ogni uomo vivesse esclusivamente di Giorno. Come potrei fare io, comune mortale, a distinguerlo dalla Notte o solamente ad arrivere a comprendere che in fondo la Notte esista? Così via dicendo, con il Male ed il Bene. L'Eros ed il Thanatos. Io e Non-Io. Vita e Morte...
Ogni stranezza ed ogni Cosa in sè esiste perchè esiste un contrario complemantare ad essa. Piacere: Dolore. Che differenza c'è?
Ora, il problema reale non è tanto fare affermazioni di questo genere, quanto dimostrare i limiti che generano questa straordinaria complicità estremamente complemantare.
Come quando si parla d'Amore; da notare la A maiuscola.
Capita di fondersi talmente con una persona, da non riconoscersi più. Così si crea un'alienazione data dalla stessa dinamica di essere straordinariamente irrazionali, quindi se stessi.
L'alienazione nata nel rispecchiarsi in ciò che si è ed in chi si ama. L'essere come in realtà si è che porta all'estraneazione di sè stessi e al non riuscir a comprendere empiricamente dove finisce la propria persona e dove inizia quella che si ama.
Le metà.
"L'Essere è e non può Non-Essere". Falso. L'Essere comprende l'Essenza dell'Essere e del Non-Essere.
Parliamo di felicità, per esempio. Perchè quando siamo felici agiamo in modo tale da portare quest'estrema felicità ad un più basso livello rispetto a dov'è?
Perchè abbiamo bisogno di soffrire, anche solo un po', per essere felici. Cadere per rialsarzi, stesso processo. Alsarzi per ricadere per poi rialsarzi, che dir si voglia.
Si trae piacere dall'essere felici, dunque, solo se si è stati tristi, malinconici, insoddisfatti.
Ecco che si presenta questo Circolo Logico post-cartesiano, che in realtà non esiste, ma che amo definire così.
La Sintesi è esattamente l'insieme di Tesi ed Antitesi e la loro interdipendenza. L'uno non esiste senza l'altro. Il Giorno non esisterebbe se non esistesse la Notte e così via...
Filosofando ho stravolto concetti di Grandi, usato parole come un Hegel o un Cartesio non avrebbero mai osato fare, ma io non stavo parlando di Storia o di Dio, parlavo semplicemente di dinamiche irrazionali facendo discorsi altrettanto irrazionali.
L'intera società, oggi, si basa esclusivamente su ciò che in maniera prettamente scientifica posso conoscere. La filosofia per millenni lo ha fatto.
Eppure, da ignorante quale sono e sapenso di non sapere, mi fiderei mille volte di più di cosa c'è, invece, oltre i limiti del conoscibile, oltre la famosa Siepe. Mi fiderei di ciò che il mio pensiero arriva, appunto, a pensare, pur senza toccare minimamente ciò che penso.
La conoscenza del Mondo (che per altro è un ulteriore campo su cui fior fior di filosofi si imbatterono) non è basata esclusivamente su ciò che posso toccare, vedere, sentire, odorare oppure assaporare empiricamente e razionalmente. Direi puittosto che conoscere vuol dire superare in maniera completamente sognante, irrazionale, istintiva (...e chi più ne ha più ne metta), ciò che appare dinnanzi l'individuo.
Oggi la società dall'apparenza non dà importanza all'Essenza, proprio per questo discorso sul quale mi sto assai prolungando: perchè penso sia molto facile e convenzionale dire che la verità sia ciò che si vede di primo acchitto piuttosto che dire che la Verità sia ciò che di più esoterico ci sia in un individuo, in un albero, in una legge.
Imbattersi nell'Essenza è assai complicato, per questo Apparire è molto più facile di Essere.

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